Il Teatro Comunale di Bologna, uno scrigno troppo spesso dimenticato e deturpato

Cultura Sicurezza/Degrado

 Siamo in Piazza Verdi, luogo sempre al centro delle polemiche e di difficile gestione, anche in tempi di Covid. Questo però, a mio avviso, è uno degli spazi più belli della città, non solo perchè rappresenta il nervo centrale della Bologna studentesca e politica, con i suoi pro e i suoi contro, ma per i bellissimi edifici che vi si affacciano: le scuderie dei Bentivoglio (oggi rinomato luogo di ritrovo), la seconda cerchia di mura (erroneamente detta del Mille e presso la quale un tempo scorreva un canale), l’Oratorio di Santa Cecilia con i suoi meravigliosi affreschi rinascimentali, il grande campanile di San Giacomo Maggiore ma, soprattutto, il Teatro Comunale così bistrattato e maleodorante per la concessione, quanto mai assurda visto il prestigio del luogo, di fare bivaccare la gente sotto le arcate del portico settecentesco.

 Una delle poche cose buone di questo periodo è che da quando ci sono le transenne si sta preservando un luogo poco conosciuto (magari dato per scontato), se non per sommi capi, dagli stessi bolognesi. Costruito sulle macerie (ancora oggi via del Guasto ne ricorda la distruzione) della Domus Magna dei Bentivoglio, solennemente pagato dai cittadini e per questo chiamato “comunale” venne inaugurato con le musiche del “Trionfo di Clielia” di Christoph Willibald Gluck nel 1763 alla presenza di quasi 1000 spettatori (oggi ne può contenere poco più di 800), dopo mille polemiche riservate al suo architetto, il Bibbiena, che aveva scelto la pietra anzichè il legno ma anche perchè era “straniero” e gli architetti papali avrebbero voluto accappararsi il progetto.

 Illustri nomi sono passati di qui da Richard Wagner a Giuseppe Verdi, da Gioacchino Rossini ad Arturo Toscanini che proprio qui, nel 1931, rifiutandosi di eseguire l’inno fascista Giovinezza, venne schiaffeggiato e lasciò per molti anni l’Italia.

Da poco è stato riaperto il terrazzo panoramico accessibile dal foyer Rossini ma soprattutto il sottoplatea. Qui vi è una grande ruota lignea che consentiva durante i veglioni di capodanno di alzare la platea a livello del palco con un sistema basculante che permetteva al pubblico (un tempo i nobili stavano sui palchi, i poveri in platea) di ballare all’altezza dell’orchestra! Perchè?, Perchè in quel tempo bisognava vincere la concorrenza del prestigioso Teatro del Corso (distrutto dai bombardamenti del 1944 e mai più ricostruito) che offriva spettacoli a costi contenuti con nomi di prestigio.

 Quando potremo tornare a passeggiare per quelle zone dunque indigniamoci per la sporcizia che avvilisce un luogo così prestigioso e ammiriamo la storia di un teatro nato dalle macerie di una signoria per essere dato ai cittadini non certo per doversi coprire il naso e ringraziare di avere la mascherina per non sentirne i nauseabondi odori, non certo per doversi tenere strette borse e portafogli per evitare furti, ma per accomodarsi serenamente in Sala Bibbiena e potere gustare il piacere della buona musica.

BALDASSARRE GIARDINA

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